Imborghesito (anzi nobile), vittima della noia, della nostalgia (di essere) canaglia e della sua nidiata di orchetti urlanti e ruttanti, Shrek cade in tentazione col maligno maghetto Tremotino (okkio a non aggiungergli una n) che gli offre di tornare per un giorno al passato selvaggio e poi ce lo lascia, mutando così il corso degli eventi. Nell’avventura/incubo a ritroso, Ciuchino non è suo amico, anzi lo teme. Le streghe dominano il ‘favoloso’ mondo svolazzando – con l’udito fine – su scope in 3D. Fiona non è mai stata salvata dal suo eroe verde e guida da guerriera la rivolta dei suoi simili con le orecchie a trombetta. Shrek ha solo 24 ore per farla (ri)innamorare di sé… Anche l’orcaica saga DreamWorks è stanca, avvitata, alla ricerca nel proprio passato di nuovi stimoli prima che, l’anno prossimo, scadano i diritti decennali della fiaba di William Steig. Musiche, peti e dialoghi pop fanno centro per un attimo, ma non tengono il ritmo. Lionel Ritchie e un diabolico pifferaio, parrucche e citazioni, asinerie déjà vu e paludi impaludate. Ma c’è qualcosa, anzi qualcuno, ancora strepitoso: il gatto con gli stivali, qui obeso sotto gli occhi ruffiani, ci delizia con saggi motti vigliacchi e falsi movimenti intrepidi. Ora tocca a lui, nel gatastrofico spin off in cantiere.
