A causa di un lieve deficit, Pietro (s)tira la faccia e spinge la mascella in fuori. A causa di un fratello tossico che lo sfrutta e lo fa esibire come un elephant man per gli amici bulli al bar, Pietro stringe i denti e si ostina a credere nella propria famiglia: un duo di ‘presi male’ destinati a finire peggio tra i non-luoghi della periferia torinese. Pietro distribuisce volantini, abbozza e subisce sguardi, si invaghisce di una collega più disperata di lui. Imita eccitazioni che non conosce se non con la disperazione del desiderio. Un po’ per scherzo, molto per non morire. Secondo Forrest Gump . Pietro è uno stupido saggio (o viceversa) che vive in guscio tenace eppure fragile (o viceversa). Accumula. Quando inciampa in un bastone, scatta terribile la frustrazione del mansueto. Poi, Pietro potrà parlare. Pietro Casella (il set è stato in casa sua) è lo straordinario interprete di un film/urlo che nasce documentario, ma esplode in splendide (non)luci in digitale. Dopo “Nemmeno il destino” (recuperatelo!), Daniele Gaglianone torna a sporcarsi le mani con la rappresentazione di una brutta Italia ormai definitiva. Ma è scrutando nelle singole emarginazioni che tocca l’eccellenza. Ha modellato i personaggi su tre affiatati teatranti quasi surreali. Fassbinder è a un passo.
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