Real Stories
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Ogni stroncatura non è che un atto di amore tradito
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I SOLITI IGNOTI

La perfetta commedia all’italiana: diretta da Mario Monicelli, sceneggiatore con Age, Scarpelli e Suso Cecchi D’Amico. :Personaggi sgangherati tratteggiati con gustosa accuratezza e consegnati alla memoria: Cinque poveri cristi, mezze tacche della delinquenza, ricevono la soffiata che potrebbe cambiar loro la vita: un colpo al monte dei pegni. Per essere certi di non fallire vanno a lezione da Totò, scassinatore in pensione che (non) li aiuta a evitare imprevisti nefasti. La rapina ha luogo, ma il muro abbattuto non è quello giusto. L’importante è sapersi consolare con una pasta e ceci. Esilaranti: il fotografo Tiberio (Mastroianni), il pugile suonato Peppe (Gassman, strepitoso debutto ‘balbuziente’ in ruolo comico) il ladro Mario (Salvatori), il siciliano Ferribotte (Tiberio Murgia) e lo stalliere Capannelle (Carlo Pisacane). Più Claudia Cardinale e Carla Gravina. Patrimonio nazionale.

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LA GABBIA

Incontrando di nuovo Toni Musante, che l’aveva sedotta e abbandonata al mare anni prima, Laura Antonelli trascorre una notte d’amore con la preda ritrovata che si risveglia legata al letto. La donna non vuole correre il rischio di perderlo di nuovo, teme in modo spasmodico la solitudine e si diverte a trattarlo come un oggetto di desiderio. Per un po’ va bene anche a lui, poi la cosa comincia a farsi scocciante. Stroncato dalla critica che l’ha giudicato teatrale e poco erotico, vive invece di una morbosità pasticciata che evita il ridicolo e il volgare. Regia doc di Giusepppe Patroni Griffi. Musiche doc di Morricone.

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GUNNY

Negli anni di Reagan, tempi fertili per il militarismo a stelle e strisce, Clint Eastwood interpreta il sergente dei Marine ribattezzato come da titolo e imbottito di medaglie guadagnate in Corea e Vitenam. Ha un pessimo rapporto con i superiori, è in competizione con un ufficialetto fresco di accademia e le reclute da ‘svezzare’ sono il consueto branco di lavativi dei quali il cinema yankee si compiace da sempre di illustrarci l’addestramento macho. La sua vita privata è tormentata dall’amore per la ex moglie. Sarà naturalmente una guerra – la fulminea invasione di Grenada (1983) – il momento chiave per capire cosa e chi davvero vale. Film abile nel miscelare un’ironia insolita per l’Eastwood dell’epoca, e un po’ di trionfalismo in divisa che però le alte sfere Usa ritennero insufficiente (buon segno).

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MACHETE

Un massiccio ex federale messicano con la faccia da totem e il corpo divorato da cicatrici e tatuaggi, cade in una sexytrappola e gli sterminano la famiglia. Si vendicherà a colpi di machete, lama feroce che garantisce arti mozzati, sangue a zampilli e doppisensi affilati. Randellate politiche lungo il confine texano: i ranger abbattono i clandestini – scarafaggi fuori, risorsa dentro – per conto del senatore De Niro, a caccia di rielezione e bersagli mobili. Ma ciò che sta più a cuore al \’sanguinario\’ Robert Rodríguez è mettere il (vero) avanzo di galera Danny Trejo ad affettare eclatanti immagini pulp. Come ha scritto Boris Sollazzo: . Finora era stato il suo limite. Elevando a potenza splatter un (finto) trailer in “Grindhouse”, ci maciulla e ci delizia lo sguardo con l\’agente Jessica Alba, la pasionaria Michelle Rodriguez, Lindsay Lohan strafatta e poi suora col mitra, Steven Seagal e Don Johnson kattivi oversize, un memorabile prete esplosivo (), confessionali e dialoghi da spaghetti western. Se inquadra tacchi o cavatappi, presto saranno aculei di morte; se cita la lunghezza delle budella umane, saranno usate per saltare da un balcone. Gli amanti del genere se la godono. Se non noi, chi?

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COME L\’ACQUA PER GLI ELEFANTI

Era dai tempi di Dumbo che non si cine-vedeva l\’epica erezione di un circo: paletti piantati in duri terreni da maniche e bretelle sudate, il tendone che s\’innalza a mantello, voci festanti di uomini e animali. Ma siamo negli Stati Uniti della Grande Depressione (1929) e chi vive in equilibrio sulla miseria non può permettersi i trapezisti. Rimasto orfano (e indebitato) proprio nel giorno dell\’esame decisivo, un veterinario improvvisato salta sul treno giusto dopo aver camminato, in controluce, sui bordi della strada, commiserato dalla (propria) voce fuori campo e rassicurato dal possedere le fattezze di Robert Pattinson, in fuga – fallita – dal biancore del casto VampiRomeo. Il direttore del circo, spregevole affarista, cinico pokerista, sadico con gli animali che dovrebbe domare, è Christoph Waltz, nazista bastardo (con gloria) per Tarantino. E\’ anche il marito della scricciola Reese Whiterspoon (1.56), lieve piuma bianca quanto l\’amato cavallo. L\’inevitabile triangolo ottuso commuove sulle pagine del romanzo di Sara Gruen, ma il regista di “Io sono leggenda”, e lo sceneggiatore che sussurrava ai cavalli, scelgono la ricetta romantica del cinema al sidro: sembrano pittorici persino gli insetti sulla carne marcia. Un\’onnipresente proboscide assicura abbracci ed effetto pioggia.

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THE WARD – IL REPARTO

Negli anni 60, una giovane piromane è ricoverata in un ospedale psichiatrico dell’Oregon: stile Overlook Hotel (“Shining”), ma anche vecchio manicomio del Massachusetts (“Session 9”, recuperatelo!). Insomma, un classico del thriller/horror. Come le tubature in affanno, i corridoi ghiotti come gole nerastre, i nomi scritti sulla lavagna sinistra, le grate che aspirano buio, la quiete angosciata dopo la tempesta di pioggia, gli occhiacci da cartoon indossati da personaggi impostati come manichini, il lugubre montacarichi… Tutte ‘cose’ che smontano la pazienza se non le sai inquadrare con nobile mano antica (o non le rifrulli alla Tarantino). Il 63enne John Carpenter appartiene alla prima categoria: ha saputo agitare mirabili nebbie, fughe da New York, notti di Halloween e brigate della morte. (Ci) mancava dal 2001, dal genialoide “Fantasmi su Marte” (recuperatelo!). Qui fa arte dark in ogni inquadratura, ci pilota lo sguardo, gioca con le nostre percezioni. Poco importa che il finale sia prevedibile e già visto (da poco). E che Amber Heard resista troppo bella nella lotta con(tro) gli incubi, tra compagne di ricovero troppo caratterizzate (libidine confinata in doccia). Anzi, proprio l’abusata apparizione/spauracchio, suscita ancora un sobbalzo. Essi vivono. Carpenter regna.

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NOTIZIE DAGLI SCAVI

Euro??
Al dodicesimo minuto del primo tempo di Notizie dagli scavi le lamentele di una prostituta prendono lo spettatore in contropiede: .
Il suono di una moneta troppo nuova rotola nella casa di appuntamenti romana che fino a quel momento avevamo ritenuto saldamente immersa negli anni Sessanta. Ma dove avremmo dovuto scorgere un segno moderno, una tinta reale, uno squillo contemporaneo, in quel piccolo mondo antico privo di cellulari, arredato come un\’alcova improvvisata e colorato declinando ogni ombra dell\’ocra nel corridoio e intorno al letto con la spalliera a ventaglio, e poi arieggiando ogni tempera del verde-acqua in una cucina che fa tanto Eduardo? La sorpresa si trasforma in senso di colpa, con i film d\’autore capita sempre. Mettiamo finalmente a fuoco quel frigorifero troppo blu, di certo recente: un pugno nello stomaco cromatico e temporale, proprio alle spalle della Gina che fuma accanita in vestaglia (Anna Paola Vellaccio, egregiamente lasciva).
Eppure no… la radiolina è vecchia. I soprammobili pure. E le tende sembrano disegnate. Però lui le apre, il flaccido factotum, forse autistico, che le signorine chiamano Professore, ma coprono di insulti e rimproveri: . La Signora (Iaia Forte) quasi lo licenzia per poco formaggio comprato per sbaglio, prima di andarsene sculettando nel cortile, portando all\’esterno l\’azione senza tempo – ormai l\’abbiamo capito – del film che Emidio Greco ha tratto da uno dei rari racconti scritti da Franco Lucentini senza Carlo Fruttero.
E\’ un breve capolavoro del 1964 che ha invece un suo tempo preciso, una collocazione radicata in quel piccolo mondo un po\’ lercio in cui si muove un omino/omone che conosce . Giuseppe Battiston lo tratteggia col disadattamento che sprigiona da sempre. Come il suo Professore, coi calzini bucati nei sandali e i capelli tanto piatti da sembrare finti, è vittima di un singolare handicap: siamo ormai così abituati a vederlo come straordinario non protagonista che oggi – che è finalmente protagonista – lui continua a essere straordinario, ma noi ormai lo diamo per scontato.
Notizie dagli scavi lancia una sfida netta al concetto di tempo e alle righe stesse da cui prende origine: ostinati dialoghi retrò in cui fanno irruzione anacronismi apparenti – Il corriere dello sport con le gesta di Adriano (il calciatore) – che stridono come attesi ospiti molesti. E\’ come se il regista usasse i bar e le piazze senza via vai, il romanesco che si imbelletta d\’italiano (), i marmi di Adriano (l\’imperatore) e quelli di Mussolini (l\’ospedale San Filippo Neri) per creare set teatrali assolati in cui si ghiaccia uno sguardo che non trova la chiave della complessità e sa che proprio in questo capolinea, rassegnato ma non umiliato, sta la sua cifra stilistica. Emidio Greco affronta con gli strumenti del cinema una realtà che ritiene possa essere solo osservata. Mai svelata, e meno che mai con le impotenti armi del cinema.
Il Professore è al capezzale della Marchesa, una prostituta momentaneamente \’redenta\’ che ha tentato il suicidio per scappare dalla solitudine: Ambra Angiolini coccola in sé intriganti malinconie che purtroppo strozza, fin da ragazzina, in forzate risate di stomaco. La sua amante in fuga ha lasciato al brav\’uomo l\’incombenza di assisterla. Lui le legge una guida turistica degli scavi di Tivoli: ci è finito per caso, gli altri sembrano persone gentili (perché acculturate?) e l\’antico uso di alcuni luoghi ancora non è chiaro agli archeologi. Lei lo incita a usare parole sue, quelle che lui non ha. Da dove iniziare a trovare un lessico? Dalla distruzione del precedente: il dettagliante, fare ambasciate, angustiato… Chi usa più questi termini nel 2011? Chi esclamerebbe: . Chi parla come Lucentini, o Gadda, oggi? E chi addirittura osa capirli? E\’ questo il pasticciaccio brutto da cui il Professore deve districarsi: liberarsi dal suono e dalla forma di parole che ronzano nella testa di Emidio Greco da 47 anni, quando scrisse una sceneggiatura di Notizie dagli scavi per il Centro Sperimentale. Parole che esplodono ora dalle sue mani come una bomba (intellettuale) intelligente: quelle che spazzano via le persone, ma non le cose. Il tempo, ma non il dubbio.
Presentato fuori concorso a Venezia, il film affianca oggi idealmente, nelle sale, lo spiazzamento del divino Battiston a quello del non-papa di Moretti. E porta con nobiltà Franco Lucentini sul grande schermo, dopo i danni irreparabili che gli ha inflitto quello piccolo con la recente malafiction derivata da La donna della domenica.
E\’ una storia semplice vista con occhi complessi, quella del Professore e della Marchesa. E\’ anche il titolo di un breve testo di Sciascia da cui Emidio Greco ha tratto un inquietante gioiello incompreso. Qui le atmosfere di un albergo a ore sui generis trovano puntuale la voce di Ornella Vanoni (le parole della canzone finale sono dello stesso Greco), dopo il riflesso di un\’ultima splendida imagine. Scritto con una m sola, come esigeva D\’Annunzio.

(da IL SOLE24ORE, aprile 2011)

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SOURCE CODE

Un pilota di elicotteri, abbattuto in Afghanistan, si risveglia su un treno in arrivo a Chicago. Che esplode. Nuovo risveglio, incastrato in una strana capsula mentre – dall\’altra parte di un vetro – gli vengono dati ordini che non comprende. Deve tornare sul treno, localizzare la bomba che lo distruggerà e scoprire chi l\’ha innescata. Ogni volta ha otto minuti a disposizione. Com\’è possibile? E servirà a qualcosa? La fantascienza può ancora essere avvincente, quando considera il caotico fattore umano come il più necessario tra gli effetti speciali e si affida alle sue radici di seconda generazione: l\’indagine dello Spazio anni 70, che mandò in pensione i baccelloni della Guerra Fredda e le metaforiche guerre dei mondi (oggetto oggi di micidiali remake). Duncan Jones, rampollo/regista fatto cadere sulla Terra da David Bowie, salta sul convoglio di un film non suo e lo rende simile allo splendido e desolato “Moon” (recuperatelo!). Esporta nel cinema yankee un ammirevole tocco d\’Autore, frutto di fantaricordi british che stazionano tra Shado, Base Luna e Kubrick: memoria e carte da gioco vorticano nei salti temporali come in “Agente speciale” con John Steed e la signora Peel (il telefilm, non l\’orrido “The Avangers”). Jake Gyllenhaal gestisce bene l\’effetto \’ricomincio da capo\’, una doppia indagine, amare sorprese, universi paralleli e sacrifici concentrici.

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SOTTO IL VESTITO NIENTE

Nel 1985, Carlo Vanzina realizzò un mediocre filmastro allucinato, sfruttando il titolo ben azzeccato del romanzo del giornalista Paolo Pietroni (sotto mentite spoglie) e la Milano da bere, affollata di griffe, top model e problematiche coca-nights. Oggi ritorna sul luogo del delitto con un nuovo delitto su sfondo di passerelle, stilisti gai ben accompagnati e scorci meneghini con spassosissima topografia inventata (via Silicone), inserzionista (Nobu), auto-citazionista (via Montenapoleone) e citazionista/riciclata (Villa Necchi, costruita dai signori delle macchine da cucire, dove Luca Guadagnino ha girato “Io sono l\’amore”). La fiorista Vanessa Hessler è pescata in un fiordo svedese per sostituire una modella investita e uccisa che si chiama come l\’autore della trilogia Millennium. Indaga Francesco Libbbano Montanari, qui in versione siculo/Monnezza (tendenza Montalbano). L\’assassino con la faccia da assassino si riconosce a prima vista, il resto è giallo spento che si trascina con pochezza televisiva. Al cine/sociologo Vanzina non basta la musica di Pino Donaggio per sembrare De Palma, né spedire qualcuno in clinica a Davos per resuscitare nonno Hitch. Ma poteva fare molto peggio (anche) in campo thriller: qualcuno ricorda “Squillo” con Raz Degan?

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EL CANTANTE

A cinque anni di distanza dalla sua realizzazione, dal cineuovo pasquale dei nostri distributori esce una non-sorpresa: la biografia del portoricano Héctor Lavoe, pioniere dello sbarco della salsa negli Stati Uniti, dove egli stesso si trasferì a 17 anni. E’ un classico percorso da star musicale in disfacimento nell’eroina: morì a New York, di Aids, nel 1993. Il motivo dell’uscita italiana – destinata esclusivamente ai fan dei ritmi caraibici: chi per dna naturale, chi per ancheggio acquisito – è forse la presenza di Jennifer Lopez (made in Usa, ma di origine latinoamericana) nelle sexy vesti anni 80, e nelle supersexy acconciature, della moglie del cantante. Marc Anthony, visto in azione in “Man on Fire” e primo marito di JLo, è maiuscolo nel replicare i movimenti del modello, indossandone ori, allori e collettoni. Meno convincente nelle (troppo) rare incursioni nei tormentati bassifondi del suo vizio. Cocktail di droghe da stendere un bufalo, ma tono dolciastro da caipiroska, come capita quando un regista è più portato alla telenevola d’interni d’alto bordo che allo scavo interiore. Qui si tratta di Leon Ichaso, cubano esiliato dalla revolución. Solo la tinteggiatura va controcorrente: presente in bianco e nero, passato a colori. Lo mejor es amar? Claro que sì. Pero es mas facil sin ver lo pejor.

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