Era dai tempi di Dumbo che non si cine-vedeva l\’epica erezione di un circo: paletti piantati in duri terreni da maniche e bretelle sudate, il tendone che s\’innalza a mantello, voci festanti di uomini e animali. Ma siamo negli Stati Uniti della Grande Depressione (1929) e chi vive in equilibrio sulla miseria non può permettersi i trapezisti. Rimasto orfano (e indebitato) proprio nel giorno dell\’esame decisivo, un veterinario improvvisato salta sul treno giusto dopo aver camminato, in controluce, sui bordi della strada, commiserato dalla (propria) voce fuori campo e rassicurato dal possedere le fattezze di Robert Pattinson, in fuga – fallita – dal biancore del casto VampiRomeo. Il direttore del circo, spregevole affarista, cinico pokerista, sadico con gli animali che dovrebbe domare, è Christoph Waltz, nazista bastardo (con gloria) per Tarantino. E\’ anche il marito della scricciola Reese Whiterspoon (1.56), lieve piuma bianca quanto l\’amato cavallo. L\’inevitabile triangolo ottuso commuove sulle pagine del romanzo di Sara Gruen, ma il regista di “Io sono leggenda”, e lo sceneggiatore che sussurrava ai cavalli, scelgono la ricetta romantica del cinema al sidro: sembrano pittorici persino gli insetti sulla carne marcia. Un\’onnipresente proboscide assicura abbracci ed effetto pioggia.
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