Real Stories
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Ogni stroncatura non è che un atto di amore tradito
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IL MIO MIGLIORE INCUBO!

Poche attrici sanno essere altere, algide e spigolose quanto Isabelle Huppert. Qui è Agathe, borghese parigina che dirige una fondazione d\’arte. Marito editore, casa oversize in pieno centro. Nella sua vita fa irruzione il padre del miglior amichetto del loro figlio: sboccato, quasi alcolizzato e fissato per il sesso. Esegue lavoretti manuali saltuari e inizia a occuparsi della magione facendo – letteralmente – a pezzi i muri tra i bagni (occupati), la privacy e le classi sociali. La signora avvampa di rabbia e sdegno, spiazzata da qualche buona battuta (, ). Ma quando il marito la lascia per una ragazza più giovane, il rozzo compagno di serate si rivela la giusta reazione alla solitudine… Cinema francese, anzi parigino, allo stato puro: democraticamente snob.

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BIANCANEVE

La regina cattiva è Julia Roberts: rigida e sfarzosa come una carta da gioco, imbustata in abiti gialli su sfondo di piume di struzzo. La perfezione della bellezza è l\’immagine di se stessa che vede nello specchio magico: un volto senza rughe che inizia a rimproverarla di invecchiare. La reazione è una strepitosa beauty full immersion zoologica con vespe che pungono le labbra, unghie immerse tra i lombrichi, liquame di pappagallo sparso su tutto il corpo, pungiglioni di scorpione a far da botulino. Non basterà a distogliere l\’attenzione del giovane principe dalla detestata figlioccia Lily Collins, portata a forza nella fatidica foresta. Che in questa ironica versione della favola dei Grimm è abitata da una misteriosa Bestia, mentre i sette nani sono dei banditi sui trampoli con nomi più da Far West che da banda Disney. Infatti non si gongola.

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THE DOUBLE

Un eterno nemico sovietico è sempre sfuggito a un agente Cia ormai pensionato (Richard Gere, nel ruolo più palpitante da decenni). Il compito di eliminare l\’assassino dei tempi della Guerra Fredda è passato a un volonteroso giovane agente (Topher Grace, bentornato) a cui viene presto affiancata la vecchia volpe spiona. La trama parte bene tra colpi di scena, poi concede troppo a flashback e contorsioni farraginose, infine paga pegno alla buona vena di protagonisti imbrigliati nei pasticci che dovrebbero risolvere. Flop clamoroso negli Stati Uniti, diretto dall\’ottimo sceneggiatore che fece di Angelina Jolie la flessuosa killer di \”Wanted\” e qui non riesce a legare passato e presente, azione e sospetto, capelli bianchi e muscoli scattanti.

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THE LADY

A tinte di melodramma, la storia vera di Aung San Suu Kyi (Michelle Yeoh), signora del movimento per la democrazia in Myanmar, l\’ex Birmania, Premio Nobel per la Pace nel 1991 e solo di recente approdata alla libertà e al parlamento. Figlia di un generale indipendentista assassinato, studiò in Inghilterra dove conobbe e sposò un professore universitario (David Thewils). Ma quando il suo popolò si ribellò ai militari (1988) scelse di rientrare in patria, consapevole di sacrificare la propria libertà e gli affetti famigliari. In 20 anni vide il marito solo 5 volte e non poté assisterlo nella morte. Luc Besson abbassa i toni del suo cinema d\’azione: bandiere al vento e primi piani dolenti sul filo di canne di fucile.

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THE RAVEN

Si poteva trovare qualcuno di meno bamboccione di John Cusack per impersonare Edgar Allan Poe nei suoi ultimi tormentati giorni di vita a Baltimora. Ma va detto che il feroce omicida che uccide replicando I racconti del terrore dello stesso Poe e la mano gotica del regista di “V per Vendetta” funzionano. Il supplizio del pendolo e la pestilenza che fa irruzione in una nobile festa si alternano all\’indagine in stile Sherlock Holmes e al fantasy tentato dall\’horror. Gli amanti dei pipistrelli e delle sepolte vive gradiranno, ai più impressionabili sono comunque risparmiate scene cruente. E non mancano humour e romanticismo noir.

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MAGNIFICA PRESENZA

In attesa di un incontro che avrà un impatto negativo sulla sua sessualità indecisa, un pasticcere siciliano trova a Roma una casa troppo bella a un prezzo troppo favorevole. Com\’è noto, a Ferzan Ozpetek piace narrare di famiglie allargate, meglio se terrazzate. Questa volta tocca a un groppo di fantasmi, d\’impeccabile sartoria teatrale anni 30, fare gruppo e amicizia col nuovo inquilino: loro soffrono d\’inesplosa vitalità e lui pure. Ai vezzi tipici del suo cinema (i dolci, la musica, il percorso formativo inseparabile dalla memoria), Ozpetek aggiunge un protagonista sempre in scena: l\’eccellente Elio Germano, chiamato a un\’ulteriore evocazione oltre a quelle presenti nella trama: essere per il regista ciò che Mastroianni fu per Fellini: l\’abito su cui cucire un film, l\’alter ego complice immaginario. La prima prova ha (quasi) la taglia giusta in partenza, poi svapora man mano che spettri e carinerie prendono \’graziosa\’ concretezza. Sarte di contorno: Margherita Buy, Vittoria Puccini e una diabolica Anna Proclemer. Gran direzioni di attori, ma il turco in Italia così sceneggiando a zucchero filato (vedi anche il precedente “Mine vaganti”) si avvia ad essere un autore minore.

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THELMA, LOUISE E CHANTAL

Nelly (Jane Birkin) è un\’insegnante che vede di fronte a sé il canyon della rassegnazione; Gabrielle (Caroline Cellier) è una borghese ricca e sola; Chantal (Catherine Jacob) lavora in un supermercato, ama i cani e odia il marito. Si mettono on the road su una vecchia Citroen DS per andare al matrimonio di una comune vecchia fiamma. L\’analogia con il film di Ridley Scott, con Geena Davis e Susan Sarandon in fuga, si limita al lato leggero del viaggio: gag, confidenze, corpi non più giovani esibiti senza vergogna, attimi di sfogo che sfiorano la pochade, avventure, disavventure e solo brevi acuti amarognoli. Là c\’era il sexy esordiente Brad Pitt autostoppista, qui ci sono una gomma bucata e bellimbusti da campagna francese. Tre attrici complici, perfettamente in parte, alterano la macchina del tempo partorendo un film giovane, spesso divertente.

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UN GIORNO QUESTO DOLORE TI SARA\’ UTILE

Non c\’è fortuna al cinema per uno scrittore delicato e introspettivo come Peter Cameron. Dopo il film mediocre tratto da “Una sera dorata”, eccolo cadere nelle mani di maniera di Roberto Faenza che non trova la giusta sensibilità per tradurre sullo schermo quello che per il regista italiano (e probabilmente anche per l\’autore statunitense) è un nuovo giovane Holden. Un 17enne che nel libro pensa molto e nel film non sta zitto un attimo, parlando con se stesso, con chiunque altro, col cane. Che nelle righe è incerto, dubbioso, ambiguo, e sullo schermo è frettolosamente effeminato e costretto al perenne sguardo in primo piano. Il pur bravo Toby Regbo, che viene da Harry Potter, si smarrisce presto. Ma i consigli della life coach Lucy Liu e della nonna Ellen Burnstyn gli eviteranno il fuoripista esistenziale. Nulla può invece salvare noi da Faenza che ovunque – da “Il fatto quotidiano” al “Corriere” – si lagna dei sindacati americani e dei multiplex italiani. Stia fermo un turno, da ogni lato dell\’oceano. Per “Il caso dell\’infedele Klara” ancora ci prudono le mani.

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50 E 50

Una commedia scanzonata, spesso quasi volgare, su un giovane malato di cancro con poche speranze di sopravvivere? Precisamente. Ma scritta e interpretata senza superficialità, condotta con mano simpatica da un regista che tenta di somministrare un antidoto spiritoso e pronta a virare di tono quando il finale lo esige. Sostenuto da un amico balordo (Seth Rogen), il protagonista Joseph Gordon-Lewitt fa il salto di qualità (è stato nominato al Golden Globe) in un ruolo non facile che gli ha fatto guadagnare la stima di Steven Spielberg e Quentin Tarantino. Ridacchierete convinti, pensando intanto a dove tenete il fazzoletto.

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HYSTERIA… L\’ECCITANTE INVENZIONE DEL VIBRATORE

Il dottor Hugh Dancy, viso tetro/curioso indeciso tra ragione e sentimento professionale, perde continuamente il posto perché denuncia la poca igiene degli ospedali inglesi. Ai tempi in cui Freud ancora non dettava legge, approda allo studio di Jonathan Pryce che si occupa di donne sull\’orlo della crisi di nervi (raccontate in primo piano) a causa di orgasmi mal preparati e mai goduti. Incalzato dalla figlia progressiste Maggie Gyllenhaal, il luminare uterino passa gran parte della clientela in fregola al nuovo arrivato. Si scatena la fantasia in nome della sanità psico/vaginale: pratiche manuali che causano tendiniti (e vanno presto ripetute), cocaina sperimentata sulla fidanzata, getti idrici alle terme, e un marchingegno vibrante capaci di risolvere i problemi di medici e (im)pazienti. L\’ha ideato uno strepitoso Rupert Everett, tornato ai fulgori dell\’antico spirito in commedia. Il garbato e molto divertente film di Tanya Wexler è liberamente ispirato all\’inventore dell\’elettrodomestico (brevettato nel 1902) che qui vediamo in piumata versione di motorino prototipo, osannato dal passaparola tra le risatine dei più scaltri che forse già ne prevedono il futuro uso domestico. E\’ l\’ultima cine/recensione del vostro/nostro CITY: spero vibrerete anche a causa di un filo di commozione.

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