Non c\’è fortuna al cinema per uno scrittore delicato e introspettivo come Peter Cameron. Dopo il film mediocre tratto da “Una sera dorata”, eccolo cadere nelle mani di maniera di Roberto Faenza che non trova la giusta sensibilità per tradurre sullo schermo quello che per il regista italiano (e probabilmente anche per l\’autore statunitense) è un nuovo giovane Holden. Un 17enne che nel libro pensa molto e nel film non sta zitto un attimo, parlando con se stesso, con chiunque altro, col cane. Che nelle righe è incerto, dubbioso, ambiguo, e sullo schermo è frettolosamente effeminato e costretto al perenne sguardo in primo piano. Il pur bravo Toby Regbo, che viene da Harry Potter, si smarrisce presto. Ma i consigli della life coach Lucy Liu e della nonna Ellen Burnstyn gli eviteranno il fuoripista esistenziale. Nulla può invece salvare noi da Faenza che ovunque – da “Il fatto quotidiano” al “Corriere” – si lagna dei sindacati americani e dei multiplex italiani. Stia fermo un turno, da ogni lato dell\’oceano. Per “Il caso dell\’infedele Klara” ancora ci prudono le mani.
No Comments