Non sarà questo piccolo/grande dittatore barbuto a far(mi) cambiare idea su Sacha Baron Cohen; eccellente performer del politicamente scorretto con la capacità di farti ridere di pancia una decina di volte a film e la tendenza a sbracare di brutto ogni volta che la butta sul sesso. Ma il simpatico fumo circonda un arrosto comico accanito nei modi quanto discontinuo negli esiti. Rispetto a “Borat” e “Brüno”, qui la trama tenta di strutturarsi meglio attorno alla delirante figura centrale: un satrapo ispirato a Gheddafi che vince a pistolettate Olimpiadi auto-indette, si noleggia Megan Fox, insegue un programma nucleare in cui la forma dell\’ordigno ha più importanza della sostanza e fa giustiziare (o lo crede) chiunque (tutti) ne disturbino i capricci. Va negli States per non perdere la faccia, invece perde la barba e il trono, sostituito da un sosia imbecille, manovrato dall\’infido Ben Kingsley. Ma la folgorazione per una donna e la democrazia – dopo aver tessuto un elogio della dittatura che assomiglia tanto al suo contrario – attorcigliano i discorsi del rais (non) redento facendolo sembrare un Michael Moore senza pretese da sit-in. Scena da antologia in elicottero, da vedere in lingua originale.
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