Il deputato Matt Damon è l\’astro nascente dello stato di New York, ma una foto coi pantaloni abbassati lo mette ko nel salto al Senato. In una toilette d\’alto bordo conosce la ballerina Emily Blunt e si illumina d\’immenso: è la donna della sua vita e chissenefrega della politica. Ne esce uno strepitoso \’discorso dello sconfitto\’, ovvero l\’elezione garantita al prossimo turno. Ma non se continuerà a sprecare preziose energie alla ricerca della donna che compare e scompare dagli autobus e dal destino. Chi li pilota? Chi gestisce il presunto libero arbitrio di esseri umani in realtà burattini? Chi ci ha dato Roma e il Risorgimento, e poi abbandonato al Medio Evo e alle guerre mondiali? La risposta è sui tetti, in intricati uffici/corridoi e in porte che si parono su luoghi sempre diversi se chi le apre è un \’angelo custode\’. E\’ un classico: un uomo affannato lotta per arrivare in tempo all\’altare in un\’azzeccata New York metallica e oscuramente scrutata (dirige lo sceneggiatore di “The Bourne Ultimatum”). Il racconto del 1954 di Philip K. Dick, uno dei meno \’fanta/acidi\’ del babbo di “Blade Runner”, “Minority Report” e “Total Recall”, è profetico con adorabili ingenuità d\’epoca (pioggia amica, cappelli nemici). Nulla di eccezionale, ma il film migliore dell\’orrido cinegiugno 2011.
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