Dopo 14 anni, 7 libri, 8 film, 450 milioni di copie vendute e oltre 6 miliardi di dollari incassati (finora), il maghetto finalmente rimbalza contro la maledizione della propria nascita e affronta Voldemort faccia a faccia (naso a parte) dopo avergli seccato i punti deboli. L\’ultimo capitolo sale di tono e di volume rispetto alla micidiale prima parte: Hogwarts in macerie è un susseguirsi di scene ben girate da David Yeats, al suo quarto Potter, dopo i fanta-balocchi di Chris Columbus, il cupo (ma suggestivo) Azkaban di Alfonso Cuarón e il dimenticabile Calice di fuoco di Mike Newell. Nel consueto mix di Amleto, Mary Poppins, spaghetti western e “Star Wars” – che nelle pagine della Rowling suscita incuriosito stupore e sullo schermo risulta un treno di vagoncini fantasy senza vere sorprese – si rimpiange la compattezza dei tempi in cui le gesta di Harry sbacchettavano tra i sicuri confini di un singolo anno scolastico. Ora il Degno Finalone esige l\’instancabile rincorsa a oggettistiche stregate e a vecchi fantasmi, lottando contro neri eserciti visivamente scopiazzati dal Signore degli Anelli. Giunti al capolinea del binario fatato, con i personaggi invecchiati che vi accompagnano i figli (sigh), non possiamo non ribadirci potteriani. Da 14 anni dopati (ops) dalle pozioni vincenti di Hermione e altri Pitoni.
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