Sorvolando sullo sciagurato “Giallo”, filmaccio maledetto in cerca di fortuna estiva post-dvd (!) sbandando tra antichi sospiri horror e moderne tenebre sciatte… sorvolando dunque sul fu Argento vivo – un ex Maestro che oggi riesce a sprecare Adrien Brody ed Emmanuelle Seigner e da decenni non fa che copiare (quando va bene da se stesso) vagando come il fantasma della propria opera – ci si tuffa assetati di sere nere nel film d\’esordio di Michael Zampino, scritto con Ugo Chiti, al quale siamo debitori della sceneggiatura de “L\’imbalsamatore”. Il razionale topo di città Alessandro Roja, l\’ottimo Dandi del Romanzo Criminale televisivo, eredita una villa tra i boschi marchigiani dal padre che l\’aveva promessa all\’amante con figlio (fratello?) orso e figlia topa di campagna. Guia Jelo alza i toni da strega: lo blandisce, lo tormenta, lo colpevolizza, lo rende un coniglio sacrificabile su cui ricadono le colpe paterne. Sulla carta il thriller rurale funziona. Nelle immagini no. E\’ tutto progetto e niente eco, ennesima opera nostrana che crede di \’creare un\’atmosfera\’ seguendo il proprio viottolo ben pensato, ma incurante di incongruenze, luoghi comuni e accenti sbagliati (in ogni senso). Scena madre tra i falò, fuga nel temporale, una fidanzata in pensiero solo se fa comodo alla trama.
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