Puglia, primo dopoguerra. Una graziosa giovane maestra, fidanzata con un bel ragazzo altolocato che ne ama la cultura, accetta la cattedra di una scuola elementare nel sud del Salento. Un pugno di case bianche, poche famiglie, vita rurale, alunni curiosi, donne che impastano più pane che parole, uomini gran lavoratori a cui tutto è dovuto. La ragazza è spaesata ma determinata, autonoma senza la necessità di essere ribelle. L\’impatto è ostico, ma non terribile. Lo diventa quando da casa arrivano pessime notizie… Isabella Ragonese è un\’attrice che brilla di instancabile luce propria. La regista debuttante Giorgia Cecere la immerge in una natura e in un contesto (a)sociale che dipinge con toni aspri ma non aridi. Non c\’è oca, gallina, pioggia, panca, auto sbuffante o addizione sulla lavagna che sfugga al ben composto progetto della prima parte del film: raccontare un percorso di vita e di emozioni (compreso un tentato suicidio) con immagini intense che siano \’occhio\’ ma non palpito. Ma quando gli impulsi sentimentali e le decisioni definitive vanno in pressing sul finale, quella stessa armonia – volutamente riluttante – diventa il limite di una storia che si crede compiuta e resta invece irrisolta. Aghi nel pagliaio narrativo. Averne di opere prime come questa.
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