Ma che occhi grandi ha Amanda Seyfried! E\’ per guardare meglio il triste paesello innevato in cui si annida, sotto forma umana, il lupo mannaro che insanguina ogni plenilunio. E\’ per ammirare meglio l\’amato taglialegna col quale vorrebbe fuggire. E\’ per consolare meglio il bravo ragazzo al quale è promessa invano. E\’ per resistere allo sguardo inquisitore del predicatore anti-licantropo Gary Oldman che arriva scortato da mori grotteschi nella piazza di cartapesta di uno dei set meno credibili della storia del cinema. E\’ per dialogare meglio con la Bestia con cui sente di avere misteriose affinità (non solo perché da piccola voleva sgozzare i conigli in trappola). E\’ per capire meglio cosa accada nel letto e nelle vesti di nonna Julie Christie al termine di un sentiero che mescola il finale di Perrault (nonne e nipote divorate), quello dei Grimm (lietofine), e una sorpresa su cosa contenga il paniere della giovane. Il meccanismo giallo/horror sulla carta potrebbe funzionare (okkio a non perdere il filo degli intrighi incestuosi), ma la regista di “Twilight” lo vanifica in scene pacchiane nero pastello, restando sempre al margine di una (metaforica) foresta dark che non sa penetrare. Preferisce il solito \’triangolo solidale\’ tra una vergine e i suoi pretendenti.
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