Il collerico figlio di Odino sta per succedergli sul trono di Asgard, ma gli intrighi del fratellastro lo fanno esiliare sulla Terra, dove impara la temperanza e conosce l\’amore. Questa la mitologia Marvel (1962), che ritocca quella vichinga in cui Thor regna sugli uomini e il babbo sugli dèi. La prima magia dello shakespeariano Kenneth Branagh sta nell\’aver shakerato Iago, Re Lear, follia, ironia e \’domande giuste\’ in un fantasmagorico fantamondo retrò senza sconfinare nell\’universo kitsch. La seconda è stata scegliere una faccia non famosa col fisico giusto, come era Schwarzy ai tempi di Conan. L\’australiano Chris Hemsworth, che ama il surf, la boxe e “La storia infinita”, si è letto l\’Enrico V e Siddharta per calarsi nel percorso muscolar/spirituale. Astuti piani inclinati danno il giusto spessore epico al cinefumetto, elevandolo con teatrale potenza ogni volta che volteggia nei cieli nobili (memorabili le spedizioni tra i ghiacci di Jotunheim), e limando le stonature \’terrestri\’ quando protagonisti ed eventi precipitano nel desertico New Mexico (ma continuare saranno martelli amari). L\’astrofisica Natalie Portman si gode magia di oggi e scienza di domani, Anthony Hopkins perpetua la sua maschera di ieri. I fan Capitan America restino dopo i titoli di coda.
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