Alberto Bevilacqua debuttò nella regia portando sullo schermo un proprio romanzo, testo che oggi appare troppo figlio delle tensioni sociali e delle provocazioni letterarie/proletarie anni 70. La spregiudicata vedova di un operaio ucciso durante un corteo fa perdere la testa al padrone della fabbrica che sprofonda nella passione e nei sensi di colpa. Lui si converte alla gestione peggio che collettiva, i colleghi industriali – indignati e preoccupati – decidono di ricorrere alle maniere drastiche. Restano nella memoria gli spiazzamenti amorosi di Ugo Tognazzi e la violenta figura (in senso buono, anzi accecante) di Romy Schneider: prima dolente e poi passionale con fascino moschicida.
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