Christina Aguilera è Alice, cameriera di provincia senza mezzi ma con tanta voce. Il Paese delle Meraviglie notturne è Los Angeles, dov\’è il club sul viale del tramonto della maga Cher che ha scoperto il segreto dell\’eterna giovinezza (raro caso di plastificazione quasi nobile), ma ha bisogno di una stella canterina per far decollare tacchi, pizzi, parrucche e paillettes in parata sul palcoscenico. C\’è una rivale, c\’è Stanley Tucci costumista frufru, c\’è il barista/paroliere belloccio da amare a mo\’ di Marilyn, ci sono i resti delle scenografie di “Chicago”, gli scopiazzamenti da “Chorus Line”, la balorda idea di avere “Cabaret” per modello. Nulla che non sia stato già visto, orecchiato e (ab)usato, ma la volonterosa Christina ha il merito di debuttare sul grande schermo cantando il suo flashdance con la propria voce e sculettando le sue dirtydancing col proprio corpo. Il filmastro non stonerebbe se fosse conscio di essere l\’ultima ruota aggiunta a un collaudato carro sfarzoso; se steccasse sovraccarico e compiaciuto di non prendersi sul serio (alla “Moulin Rouge!”, per intenderci). Invece il titolo già dice tutto: un genere che fu ironico, giocoso e vizioso, oggi risorge pacchiano e presuntuoso tirandosela da sexy. E\’ la differenza che passa tra la Belle Époque e i trans.
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