Inizio folgorante: un camaleonte se la tira da attore su ampi scenari, ma un incidente ci rivela la verità e ne mette a nudo le crisi di identità (battuta: come si fa a scoprire il colore naturale di un camaleonte? Mettendolo su un altro camaleonte). La tragica fatalità gli offre però l\’occasione di diventare un eroe western in un paese essiccato dalla speculazione di chi chiude i rubinetti per vendere terreni aridi ai costruttori di nuove Las Vegas. Il rettile occhiuto è nominato sceriffo mentre un trio di gufi mariachi non perde occasione per (de)cantarne la morte sicura. Cavalcate, spruzzi d\’amore, padellate, un immenso serpente a sonagli come nemico e un variegato bestiario antropomorfo che fa il controcanto volgare ai frequenti acuti metafisici di una trama ambiziosa, attraversata da un armadillo filosofo e da dialoghi sul funzionamento delle sinapsi. In forma di cartoon d\’alto Rango, è l\’ennesimo post western grintoso di quest\’epoca bisognosa di eroi assolati. Anche qui la Leggenda è rispettata, evocata, frantumata, dissolta, e fatta risorgere con tono epico, citazioni solenni e solenni ripetizioni. Dirige Gore Verbinski de “I pirati dei Caraibi” (marchio di fabbrica: animaletti con chele in movimento rapido). Riservato ai bimbi prodigio. E agli eterni fanciulli del West.
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