Per fare colpo sulla giornalista Amanda Peet, uno sfaccendato si finge intrepido viaggiatore e viene spedito alle Bermuda. Doppiamente vittima di un triangolo, è travolto dall\’oceano in tempesta e si risveglia a Lilliput tra gli omini che prima lo temono e poi lo eleggono loro paladino. Sbagliano, perché lui è un vile senza fegato sopra le Converse e gli shorts orrendamente shorts. Ma saprà riconquistarli. Ovviamente, il Gulliver di Jonathan Swift – un signor scrittore irlandese che usò il personaggio con spietato spirito critico nei confronti delle istituzioni del suo tempo (1715) – è solo un nobile spunto per innescare il consueto fantasy a fantasia zero che shakera Shakespeare, Cyrano e i Transformers quando non sa più dove andare ad annoiare. Ma dalla comicità rock di Jack Black – punk/rock, visto che irrompono i Kiss e The Jam – ci si aspetta comunque che giganteggi in sbarcate rivincite galvanizzando l\’elegante formicaio. Macché. Ciclopiche cadute di ritmo, divertimento minuscolo, citazioni cinematografiche autoreferenziali (Universal) e il consueto 3D posticcio che quasi nuoce ai sontuosi palazzi e ai lindi colonnati da fantamondo in miniatura. Un regista bravo fin dai titoli di testa a Manhattan, si lascia risucchiare dalle chiappe del suo protagonista in versione Umberto Smaila nerd.
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