Due guerre fa, l’emancipata dottoressa Najla torna da Roma in Iraq, dall’amato Sherko. Trova anche Mokhtar, che la desidera, anzi la esige. Il primo e curdo, il secondo arabo come lei. Saddam ha dato il via alla polizia etnica in Kurdistan: per tutti e tre il sentimento sarà uno scoglio tragico, come è tipico del cinema mediorientale che nell’amore vede l’anticamera non del sogno coronato, ma della tragedia inevitabile. Un regista curdo (iraniano), trapiantato in Italia, adatta per il grande schermo il romanzo in cui aveva narrato vicende simili a molte in cui è stato dolorosamente immerso. Il melodramma è sempre in agguato, ma lo sguardo è sincero: il cinema si rivela come l’arma necessaria di un uomo che non ne vuole conoscere altre.
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