Un suicida si lancia da un grattacielo di Philadelphia (inquadrata a rovescio) con un rosario in mano. E’ il segno che il diavolo è nell’edificio? Cinque persone restano chiuse in ascensore, situazione imbarazzante anche senza il Maligno. Un’ereditiera, un giovane disoccupato coi sensi di colpa, una guardia, un’anziana manolesta e un venditore di materassi. Tentativi di sdrammatizzare, insulti alle telecamere, musica molesta, dialoghi sempre più disperati, spray e suppliche per difendersi, vani tentativi di salvarli (il diavolo ci mette sempre la coda) e un nuovo cadavere ogni volta che le luci si spengono. E poi non ne rimase nessuno? No, uno rimane. Sarà lui il demonio? O ha usato il trucco di Agatha Christie in “Dieci piccoli indiani” (1939)? M. Night Shyamalan – che fu uno col sesto senso della suspense, che fu unbreakable – ha lasciato regia e scrittura ad altri, ma è la Mente di questo piatto primo capitolo di non indispensabili “Night Chronicles”. Appena si sa che il detective all’esterno ha perso moglie e figlio a causa di un pirata della strada, è ovvio in quale modo la città si ribalterà nel verso giusto: sempre sia lodato il perdono e chissenefrega di chi ha preso l’ascensore per l’inferno. Claustrofobia poca (è un difetto) e Stephen King come modello (idem).
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