Pochi hanno assistito al nero umorismo sociale di “Louise Michel” e dunque riconosceranno la straordinaria Yolande Moreau che vi interpretava un donnone che muggiva sfiduciata ignoranza e in realtà era un omone. Qui è Séraphine de Senlis, serva devota nel primo Novecento in un paesino francese della Piccardia. Le sue mani passano dall’acquasantiera, al bucato, ai colori che acquista grazie ad estenuanti risparmi e che crea con personali tecniche naturali per assorbire e rendere sulla tela l’esplodere di fiori e foglie con movimenti da insetti. Ispirata dal suo angelo custode e dal contatto con prati e cortecce, scoperta da un noto collezionista tedesco proco prima della Grande Guerra, realizzò brevemente il sogno di avere grandi mezzi per esprimere la sua arte ‘neoprimitiva” (e di vestirsi in velluto e taffetà), prima di un declino mentale che ha echi di Van Gogh. Pioggia di Cèsar, gli Oscar d’oltralpe, su questa accurata biografia extralarge che contempla con impeccabile stile patinato: ruscelli boschivi, rudezze umane e magnetici dipinti. Una scelta sorprendente per trasmettere il tumulto di un animo naif. Appare come un (voluto?) cortocircuito culturale. Oppure un autogol.
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