Un pachidermico macellaio, preistorico in ogni senso: la stazza, la moto, i lunghi capelli da wrestler in vestaglia (alla Mickey Rourke). Si commuove ascoltando la telefonata di uno sconosciuto, crede nella solidarietà umana e sociale, ha orgoglio proletario e un’innocenza sessuale che lo spinge a farsi fregare dalla prima sexy/furbastra che incontra e a masturbare il cugino malato (che ricambia). Dopo una vita a scolpire suini per il banco, è andato in pensione con festicciola celebrata dal capo porcino. Lo attendono una burbera/adorabile moglie porcina (la straordinaria Yolande Moreau di “Séraphine”, penalizzata da un doppiaggio troppo soave), un puzzle, una maniglia rotta e tanta noia. Sorpassato da tutto e da tutti, si mette on the road su due ruote per recuperare i versamenti previdenziali dei suoi antichi mestieri. Trova pochi documenti, molta ostilità, un vecchio giostraio in fuga dalle tasse, un becchino strambo, una scialba nipote che lo annusa devota e il fantasma dell’amata Isabelle Adjani, lugubre angelo truccato. Vagabondando tra Obelix e Cyrano, Gérard Depardieu fa suo un bizzarro film surreale illuminato da lampi felliniani. Ma il feroce duo anarchico che firmò l’esilarante zoo umano di “Louise Michel” si ferma all’anticamera del capolavoro. E’ una colpa.
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