Uno yuppie bisognoso di promozione al grande ufficio con nobili vetrate che lo illuminino agli occhi dei superiori e della fidanzata che non ha fretta di sposarlo, investe con la Porsche un tontolone che vuole salvare un topo in mezzo alla strada (e crede di dover pagare lui i danni). Colleziona roditori con cui realizza splendidi quadretti viventi: topini elegantemente vestiti che amoreggiano a Central Park, o sono protagonisti di strepitose copie di opere famose: dalla Gioconda, al Giudizio Universale, all’Urlo di Munch (vedi “Scream”). Gli sembra l’idiota giusto da portare alla cena a cui il suo boss invita personaggi eccentrici per farsi beffe di loro. Ma l’omino gli si installa in casa, tenta di riconciliarlo con una molesta prostituta sculacciabile, gli rovina la relazione e il business. Poi arriva la fatidica cena, e il candido sognatore che cita (male) John Lennon e imita (benino) Charlot avrà il suo trionfo tra goffi lettori della mente, umani posseduti dal dolore delle aragoste, un antico rivale e borghesi rapaci. Ancor più che nel film francese all’origine (buon successo nel 1998), il confronto sociale svapora a favore di gag spesso simpatiche, ma mai travolgenti. Percorso teatrale facile e segnato. Steve Carell sembra il Mr. Brown di Andrea Pellizzari. Niente per caso.
No Comments