Una Ferrari nera gira senza foga, ed è subito noia. Stephen Dorff guida e vaga con sguardo indifferente sebbene sia un desiderato attore sex symbol. Subisce in apnea la seduta al trucco e le lap dancer a domicilio. Sesso stanco: si addormenta. Ha il gesso al braccio e faticherà a toglierselo (capita la lieve metafora?). Dopo “Lost in Translation”, la poetica della solitudine si è assopita anche in Sofia Coppola. La sua idea per farci assorbire un uomo annoiato è quella di annoiarci. Non taglia ai suoi giorni le parti noiose: falsi movimenti in decolorati non-luoghi (vedi titolo). Il glorioso Hotel Chateau Marmont di West Hollywood, dove morì John Belushi, fa la figura del motel giallastro (con Benicio Del Toro in ascensore). Lo surclassa il Principe Di Savoia di Milano, dove la trama ha la sVentura di sconfinare. La Simo presenta i Telegatti con Frassica e premia Nichetti senza emettere – tenetevi forte – neppure un ‘insomma’. Laura Chiatti, Valeriona Marini e Jo Champa scodinzolano ognuna a suo modo e lo scazzatone rinasce grazie (uffa) alla solita figlia-ritrovata: la brava Elle Fanning, sorellina della prezzemolina Dakota. Per cambiare marcia con la sua Cleo (leggi: Clio), il ri-babbo si informa su “Twilight”. Ma la Coppola imballa ogni ironia in bello stile e belle musiche. Film risaputo, spossante quanto il Tutor sull’autostrada di notte (la Ferrari infatti ne esce male), premiato all’ennesimo cine-concorso che lascia il tempo che perde. Tarantino forse è un ex della Coppola, di certo da oggi è un ex infallibile.
Capita che, su FILM TV, TOMMASO LABRANCA stronchi ferocemente il film della COPPOLA, paragonandola a LADY GAGA come fenomeno di costume da liquidare senza farla lunga (ma lui la fa lunga con interessanti e condovidibili motivazioni).
Capita che la redattrice CHIARA BRUNO, nell\’articolo di apertura del numero successivo dichiari di amare la COPPOLA e prenda le difese del film (amen).
Capita che azzardi questa chiusa: <... la carrellata lentissima che si (ci) allontana da padre e figlia a bordo piscina. Se non ci siete rimasti dentro siamo contenti per voi, certe vite sono più scorrevoli di altre>.
Capita che mi salta la mosca al naso (appena rifatto) e scrivo a FILM TV:
Dunque, se non ci siamo rimasti dentro (i ragazzini dicono \’sotto\’, come a una droga) nella carrellata piscinante di Sofia Coppola, Chiara Bruno ci taccia di
Ma è un\’allusione grave. E sorprendentemente ribaltabile.
Senza entrare nel presunto merito di SOMEWHERE, senza entrare nel sicuro merito delle parole di LABRANCA, noi che sui due piscinanti in allontanamento abbiamo steso la mannaia dell\’ennesimo sbadiglio, sperando – delusi – che fosse l\’allontanamento definitivo, forse siamo solo gente che nella vita si è depressa, ha sofferto e ha visto scorrere ostacoli e nodi scorsoi subendo il morso del disagio e non solo la sua estetica spocchiosa, anzi spottosa.
Senza farsi salvare il culo dall\’ennesima (cine)figlioletta ritrovata, senza il facilone abbandono di un auto per camminare nel proprio spirito, senza mai avere la grazia di togliersi col gesso fuori anche l\’ingessatura dentro (urca che metafore, la Coppola…), senza un percorso fashion decolorato nello stile che facesse capire a tutti quanto eravamo stinti dentro.
I vuoti pneumatici non smettono quasi mai di girare su stessi, e mai di colpo.
E non perché, come diceva la mia nonnina,
Vaselina postmoderna. Uh, come scorre quella…
Con fiducia
Alessio Guzzano
Capita che la lettera venga pubblicata e che la Bruno risponda…
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