Quattro poliziotti bianchi danno l’assalto al fatiscente grattacielo di una banlieue francese per vendicare un compagno ucciso da una gang di nigeriani. Partiti per suonare (), finiscono suonati. Ma è il meno. Tutto intorno caracollano zombie famelici che li braccano per scale e corridoi da brivido azzeccato. Scatta l’horror/splatter che molti amano definire ‘genere politico’, ma è soprattutto comportamentista: di buoni non ce ne sono, i nemici si compattano (all’apparenza) di fronte alla mordace minaccia senza spiegazione, risorgono vecchi rancori ed eterni razzismi, etica e divise vanno a brandelli, l’anarchia sanguinolenta trionfa vendicativa, un vecchio reduce dall’Indocina è il più attrezzato a godersi il massacro. La droga fa da anestetico all’orrore, l’ironia allo splatter. Colorato dagli incendi, il cielo sembra epico. Un paterno nero di nome Ade non riesce a domare l’inferno. Agitandosi abilmente sopra e sotto le righe, due registi debuttanti riescono a innestare buona linfa in un genere saturo e abusato. Dopo “Martyrs” e il remake de “Le colline hanno gli occhi”. confermano il buon momento di nerissimi autori francesi (il ‘the’ del titolo mente). Onorano il patriarca George A. Romero, poi culminano in una tragica alba di vivi morenti.
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