Moderni filibustieri vanno a fare utili disastri dove la legge non può arrivare: esplode l’soletta caraibica colonizzata dallo yankee Eric Roberts che traffica in droga e battute azzeccate: dice alla bella che si ribella al padre dittatore. Stallone invecchia (maluccio) coi sensi di colpa e – come sempre – sono problemi nostri. Ce li butta addosso con l’erculea viuulenza retorica con cui stecchiva gli asiatici, sudava nelle canotte, indossava i Ray-Ban e il nome Cobra. Qui ha foga anti-Usa grottesca quanto le antiche incursioni patriottiche a stelle e strisce. Rare iniezioni della crepuscolare malinconia del suo ultimo (splendido) Rocky e massicce dosi di bombe&mitraglia del suo ultimo (pessimo) Rambo: roboanti inseguimenti nei vicoli, corpi crivellati come frutti marci, aerei letteralmente presi al volo. Ma Sly, in versione old fabriziocorona, si è studiato Tarantino: dialoghi e finale ammiccanti. Un Jet Li per decollare nelle piroette, Jason Statham transportato a far da spalla, Bruce Willis e Schwarzy over the top dell’autoironia e superMickey Rourke tatuato di viziosa saggezza. Dolph Lundgren, che in “Rockv IV” voleva spiezzarlo in due, è l’amico/traditore che risorge. Perché certi corpi appartengono al cinema, mica a chi se li scassa scassando. E magari poi invecchia.
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