Il 12 novembre del 2003, quando i kamikaze fecero strage di militari e civili italiani (e di bambini irakeni) a Nassiriya, Aureliano Amadei fu l’unico superstite. Anarchico di idee e sentimenti, era lì come aiuto regista in una pellicola sulla ricostruzione. Ferito gravemente a una gamba e nello spirito, due anni dopo ha scritto il libro da cui nasce questo film capace di coinvolgere, commuovere e persino divertire evitando le mine della retorica e dell’antiretorica. Fumatore accanito, non riuscì nemmeno a finire il primo pacchetto prima che la sua storia divenisse Storia pagando pegno a una tragedia. Lo vediamo in un’improbabile no smoking area nel deserto, conoscere le future vittime e scoprire un Iraq ad alto rischio, diverso da quello raccontato in Italia <…perché la gente vuole la bistecca, mica vuole sapere come è stata macellata la mucca>. Poi non vediamo più lui, ma esplosioni e cadaveri attraverso i suoi occhi. In una fiction realista che rende umani gli ideali e smaschera qualche altarino, eccelle Vinicio Marchioni, il Freddo nel “Romanzo Criminale” tv, altro buon esempio di megliofiction tricolore. Godetevelo scherzare con Giorgio Colangeli, ovvero Stefano Rolla. Che russava come un elicottero e credeva di avere tutto il tempo per girare
20 SIGARETTE

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