Sposato con la splendida felina Beyoncé, un top manager di colore ha eleganza, fascino, successo. E un bimbo piccolo. La sua serenità è messa sotto assedio da una segretaria bionda/sexy, temporanea in ufficio e col panico di esserlo come amante. Fa cadere in tentazione il black fusto: quasi lo seduce, ma non lo accalappia (per la gioia dei ‘fratelli’ ringhianti contro le coppie miste). Lo pungola, lo ricatta, lo incastra, ne invade il nido insidiandone il cucciolo. Provocando la fiera reazione della lady (quasi) tradita e una manesca colluttazione assai poco femminile con gran caduta dal parapetto e okkio al lampadario (non se ne vedevano così da “La guerra dei Roses”, con Kathleen Turner e Michael Douglas a lottare fino alla fine… e oltre ancora). La malefica tentatrice è Ali Arter che viene da “Heroes” e da un paio di “Final Destination”. La fanciulla non vale certo Glenn Close e il film di Steve Shill non va oltre un piatto navigare tra pruriti grattati in toilette, rassicuranti rimorsi e collaudati schemi da family thriller. Giusto relegarne la poco fatale attrazione nel buco nero del nostro cinevuoto estivo.
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