dice di sé il giovane precario che condivide la casa dal pavimento bucato con un non-maturo non-giovane proiezionista, playstationista, single suo malgrado. Nei seguenti 100 minuti tenta di convincerci che non è così: legge libri Adelphi in metrò, insegna algoritmi come assistente sfruttato dal burbero prof Villaggio, lavora nel menzognero marketing contrapposto alla schietta matematica, ha tutte le donne che vogliono, si agita non rassegnato nel videogioco esistenziale e nell’indigeribile Milano che fu da bere e oggi fa i gargarismi con sushi e frustrazione. Ci riesce? Non sempre. Le pomiciate amorose con l’improvvisa co-inquilina Valentina Lodovini, la sbandata per la manager Carolina Crescentini, lo scoppiato affetto di coppia con Francesca Inaudi, l’ostinata voce fuori campo e l’odio morettiano per penne-non-rigate e ricotta, sanno di cliché ben tinteggiato. E’ grazie alla saggezza bauscia di Francesco Mandelli e alla credibile foga non idiota di Alessandro Tiberi se si evita l’autogol nel gggiovane cinema smuccinante o moccioso (da Moccia). I giovinastri descritti da Massimo Venier, già regista di aldogiovanniecc, hanno una g sola. Non perché stanno sotto la Madonnina, ma perché quasi/quasi esistono.
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