Mato Grosso significa Foresta Fitta, ma dall’ex polmone brasiliano gli alberi sono quasi spariti. Estirpati, per far spazio ai latifondi dei fazenderos, insieme ai legittimi abitanti: 500.000 indigeni divisi in oltre 200 popoli che vivono in riserve e lavorano sottopagati nelle raccolte, vittime di un elevato tasso di suicidi che in gran parte riguardano giovanissimi. L’ennesimo dramma spinge un capofamiglia alla retornada: riappropriarsi di antiche terre a dispetto dei nuovi recinti (godetevi la sua risposta alle rivendicazioni degli ultimi arrivati). Il mondo ancestrale si accampa di fronte alla ricchezza arrogante: sciamani vecchi e nuovi e sane volgarità di donne. Ma denaro, alcol e Nike corrompono lo spirito. Le nuove generazioni si esplorano curiose, gli adulti passano dalle minacce alla guerra. Un nuovo suicidio scatena vecchie rabbie. L’italo/cileno Marco Bechis viaggia incisivo nel Sudamerica profondo: in primo piano autentiche facce indio, sullo sfondo il cast bianco (lo ‘spaventapasseri’ Claudio Santamaria, la fazendeira Chiara Caselli…). Inizio strepitoso: i ‘selvaggi’ si fingono tali per i turisti, poi si rivestono e salgono sul camion. Eccellente film/documento bisognoso di attenzione e respiro. Che non gli saranno concessi.
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