Un garbato amministratore di condomini, segnato da abusi nell’infanzia, sequestra, stupra e fa a pezzi le sue vittime, tutte sotto i 10 anni. Quanto sa essere feroce nel corteggiamento sessuale (complici gabbie e feticismi vari, il protagonista Antonio Friello scivola nel circo morboso), tanto è meticoloso nel non lasciare tracce. Ma gli sarà fatale l’incontro col trascurato bimbo sognatore in cui rivede se stesso. Raffaele Verzillo ha avuto coraggio nel portare un tema disturbante come quello della pedofilia sul grande schermo. Ma lo fa con tutti i viziacci di quello piccolo: macchiettismo (la coppia borghese), sciatteria e improvvisazione. Ne esce un film scritto male e musicato peggio. Recitato malissimo, con la sola eccezione delle confessioni shock della moglie del mostro e del vecchio prof lupo kattivo. La trama ruba le rare buone idee (da “Il silenzio degli innocenti” l’ingannatrice irruzione parallela) e ne partorisce di sciagurate: la psicologa sempre assorta incappa ovunque in disegni rivelatori, al rabbioso commissario suo partner (Luca Ward, no comment) basta vedere quello di un albero per – tenetevi forte – identificare il solitario vegetale sotto al quale si sta compiendo il tragico finale. Che così diventa quasi comico.
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