Da cinque anni il detective Willem Dafoe vive rinsecchito nel rimorso per non aver salvato una collega dalle feroci mani di un serial killer (Zio Eddie) che sventra e decompone i corpi delle sue vittime per formare quadri rinascimentali di macabra ingegnosità. E’ ossessionato, incapace di socializzare, maniaco di un ordine degli oggetti che riscatti il disordine dei ricordi, troppo interiormente colluso con la mente della sue preda? Zio Eddie (forse) fu ucciso dalla polizia, ma gli omicidi riprendono con lo stesso ‘artistico’ rituale. E’ in azione un copycat, ovvero un imitatore? O le indagini sbagliarono obiettivo? C’è un errore di prospettiva, come suggerisce il titolo? L’anamorfismo è un’illusione ottica che distorce un’immagine mutandone il significato, come quei disegni che visti da un lato diverso, o capovolti, cambiano soggetto. Chi scrive non farà finta di aver capito il finale di questo torbido thriller molto compiaciuto di giocare con i tormenti dell’animo e con quelli dei riflessi. La faciloneria di alcune trovate sulle scene dei delitti non aiuta. Né gli spoiler americani (i figli di buona donna che rivelano i finali). Suggerimenti graditi. Per ora la sensazione è solo quella di un approssimativo impressionismo nerastro.
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