Decisa a trasformarlo in dimora per ragazzini sfortunati, una donna ritorna con marito e figlio di sette anni nell’orfanotrofio dove trascorse l’infanzia. Inquietanti presenze dopo i bei titoli di testa che pelano i muri: un faro in disuso, la giostra che cigola, porte che sbattono, una vecchia sorvegliante che fa malefiche visite. La macchina da presa spintona l’atmosfera in direzione horror. L’ennesima bufala soprannaturale scontata? Affatto. Un racconto d’amore in una storia di terrore, una dolorosa/struggente versione di Peter Pan, un nero capolavoro di geometrie con l’aldilà. Il ragazzino, a sua volta adottato e sieropositivo, dice di poter parlare con coetanei assassinati in passato. Poi sparisce. L’ottima Belén Rueda, già con Bardem in “Mare dentro”, si ostina alla ricerca del figlio. Perde la fiducia del marito, la bellezza, invecchia, si cala in incubi e nei sottoscala, contatta la medium dal volto magnetico Geraldine Chaplin. Accetta la caccia al tesoro coi fantasmi, scopre una terribile verità in suggestivo bilico tra ghost story e cruda tragedia reale. Un regista e uno sceneggiatore spagnoli esordienti sorprendono e commuovono agitando temi consumati (anzi sputtanati) dai baby spettri d’oriente. Godetevi come qui riescano a trasformare Un, due, tre, stella! In un percorso da brividi.
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