Dopo un mediocre terzo episodio con tanto di Barbie killer, un pomposo regista con nome da cine-fast-food (McG, reduce da due “Charlie’s Angels”) cerca di riattivare i cyborg e i cortocircuiti temporali cult ideati da James Cameron nei primi “Terminator”. Dopo l’affrancamento e la vittoria delle Macchine, la Terra è un postaccio arido e cupo dove persino un cerotto sembra brillare e i superstiti organizzano la Resistenza usando antica ferraglia contro nuova ferraglia molto meno onnipotente di quanto la trama millanti: mira pessima, cattiva difesa del nido (Skynet) e le simpatiche moto multiformi non azzeccano un obiettivo. C’è sempre John Connor da salvare retroattivamente, ma anche il ragazzo che diventerà suo padre: causa/effetto che comincia a mangiarsi troppo la coda. Christian Bale è molto sbattuto, ma l’abbiamo visto conciato peggio. Non è ancora il capo dei ribelli: il ruolo tocca a chi già lo fu in “Visitors”. Ma il protagonista è un umano con invincibile scheletro metallico e grande anima al servizio di non si sa chi. Il che fa dire al regista che il film è
TERMINATOR SALVATION

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