L’Europa dell’est, un secolo dopo il transilvano Dracula, è tornata a essere una comoda selva presunta oscura in cui ambientare le peggio torture. Dopo i feroci “Hostel” in Slovacchia e l’incubo “Them” in Romania (recuperatelo!), ecco il bosco ungherese dove un gruppo di dipendenti di una losca fabbrica di armi – con fiera denuncia annessa – è vittima e carnefice di un manipolo di sadici militari sbandati. Mine anti-uomo, carne incisa, lanciafiamme, tagliole per orsi, morituri penzolanti, manicomi dismessi, teste che esplodono e arti mozzati. Ma anche divagazioni ecstasyate, denti umani nel pasticcio, il piede tagliato che non entra in frigorifero, un aereo abbattuto per comico sbaglio e la possibilità che i fetidi bunker siano una ex clinica per (troppo) anziani, dove pettorute infermiere divennero lesbiche/ninfomani per disperazione. Oggetto morboso non ben identificato, horror sarcastico che cambia tono a suon di musica. Ricicla, smitizza e cita: “Deliverance” è il titolo originale di “Un tranquillo week-end di paura”, nessuna scritta in scena è casuale, efferate cacce all’uomo mixate a british humour che spiazza. Generi ben frullati dal regista Christopher Smith, che ci inflisse l’imperdonabile splatter chirurgo di “Creep”.
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