Real Stories
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Ogni stroncatura non è che un atto di amore tradito
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CI VUOLE UN GRAN FISICO

Angela Finocchiaro supera l\’orlo della crisi di nervi quando incombono la famigerata soglia dei 50 e il possibile licenziamento dal centro estetico dove convince a schiaffi le clienti (e se stessa) di essere evergreen. La vita non è una cosa meravigliosa, sebbene uno strano personaggio (Giovanni Storti) sembri proteggerla: ali bianche e cadute dai ponti. Elio, Raul Cremona, Aldo, Giovanni e Paolo Hendel in un balzano tentativo di formare un film/tribù alla Almodóvar.

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LA SCELTA DI BARBARA

Germania Est, 1980. Una pediatra il cui fidanzato è già all\’Ovest e sta pianificando la sua fuga, viene trasferita da Berlino a un ospedale di campagna. La Stasi (il servizio segreto della DDR) vigila, ma a trattenerla sarà un evento sentimentale e non politico. Seguiamo in accaniti e densi primi piani la bravissima Nina Hoss e la sua bicicletta tra boschi e dubbi narrati con colori più caldi di quelli che il cinema di solito riserva ai tempi del comunismo. Il risultato resta tiepido, ma si intuisce il sovrumano lavoro di implosione (di uno Stato, di un\’affettività, di un cinema) che sta a monte del film di Christian Petzold.

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LA CUOCA DEL PRESIDENTE

Una cuoca dalla personalità piccante passa da un agriturismo alle cucine dell\’Eliseo, perché il presidente è stanco di manicaretti e vuole cibi delle sue radici. Biografia (quasi) vera di colei che nutrì Mitterand per due anni: grandi soddisfazioni in tavola, scontri durissimi con la burocrazia dei fornelli. In un film parigino come pochi altri, la strepitosa Catherine Frot sale alterna grembiule e maglioncino provinciale (con filo di perle) tra vassoi di pere candite e filetti in crosta.

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SPRING BREAKERS

Per finanziare lo sballo delle esplosive vacanze di primavera del college (Spring Break), quattro ragazze mozzafiato rapinano un fast food ma la polizia ne interrompe presto i bagordi. Attratto dal fatale binomio bikini&manette, un criminale del luogo paga loro la cauzione e scatena l\’assolato divertimento collettivo: tuffi, natiche al vento e qualche sparo. Le fanciulle evaporano. Resta nella memoria James Franco tamarro al cubo: codini rasta, denti d\’oro e occhialoni. Il resto è oggetto di un detestabile dibattito: da un lato chi lo liquida come una pacchianata che strappa qualche sorriso e fa bene il verso alle puttanate e alle puttanelle televisive; dall\’altro chi per gli stessi motivi lo ritiene un capolavoro kitsch, una affresco impietoso. Brutto difetto quello di affibbiare buone intenzioni ai malintenzionati: si passa (giustamente) per idioti e si nobilita (ingiustamente) l\’idiozia.

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LA FRODE

A 60 anni, portati con la disinvoltura di un ex american gigolò, il magnate finanziario Richard Gere sembra avere tutto: una moglie innamorata (Susan Sarandon), una figlia devota che lavora con lui (Brit Marling, la sorpresa in un ottimo cast), un\’amante focosa (Laetitia Casta), la faccia sulla copertina di Forbes e il pieno possesso delle . Ma il detective Tim Roth l\’ha messo nel mirino e la fortuna sta per collassare: deve disfarsi del suo impero per evitare un crack che porterebbe a galla illeciti che negli Stati Uniti spediscono in carcere. Ma è anche il Paese dove tutto ha un prezzo e un bravo avvocato conta più di una buona legge. Un thriller economico compatto: basi solide, ottimi comprimari, finale su cui riflettere. Non è un bisturi asettico nel cuore del capitalismo (recuperate “Margin Call”), ma qualcosa da dire sul tema ce l\’ha.

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IL GRANDE E POTENTE OZ

Prequel in 3D dell\’immortale film con Judy Garland, coetaneo di “Via col vento” (1939) e monumento fantasy tramandato nell\’immaginario di generazioni cresciute al suono di latta umana e di Over The Rainbow. Qui il mago cialtrone e dongiovanni James Franco, coloritamente in parte, raggiunge in mongolfiera il mondo folle di Oz sfuggendo a un ciclone e a un marito tradito. Exploit visivo di amori e artifici. Sam Raimi gioca la partita del kitsch e (quasi) la stravince: cita, si espande, crea un universo, lo tinteggia, asseconda la Disney ma gira il più possibile al largo dalla brutta Alice di Tim Burton. Caramelloso, ma digeribile. Genio grafico e splendore tecnologico. Farcito di buonismi, ma a sconfiggere il Male è il Cinema: trionfo e cimento d\’illusione. Giocattolo doc per i più giovani; spaventapasseri di malinconia per gli adulti.

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IL LATO POSITVO

Bradley Cooper viene dall\’ospedale psichiatrico ed è ossessionato dalla riconquista della moglie da cui il buon senso, la legge (e le docce abbracciata a un altro) lo tengono lontano. Vive con mamma e babbo De Niro dando sfogo alla sua instabilità contestando i finali di Hemingway. Una giovane vedova che viene dalla dipendenza da sesso e psicofarmaci lo avvicina quasi per affinit. Finiranno – a strappi, tra danze e football – mano nella mano. Presupposti neri, ma toni da commedia sarcastica: miscela difficile quanto azzeccata nel film rivelazione dell\’anno. Con ampi margini di sopravvalutazione. Oscar inevitabile per Jennifer Lawrence: sguardo di porcellana tra guance ostinate.

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NOI SIAMO INFINITO

Dalle pozioni di Hogwarts al ruolo di una dark girl dal sesso facile che beve e fuma (negli States è il vero peccato mortale): Emma Watson supera la prova sforbiciandosi i capelli e infilandosi con naturalezza in un corpetto nero che consente danze provocatorie e slanci liberatori cabriolet per le vie di Pittsburgh. Conosce il timido Logan Lerman che vuole fare lo scrittore e che la trama tenta in ogni modo di spacciare per un loser nonostante abbia fattezze carine e l\’amicizia facile, trasudi la seduzione dell\’innocente (mai un bacio, mai uno sballo) e scocchi persino la castagna che al momento giusto – c\’è l\’estroso \’cognato\’ gay Ezra Miller da difendere – stende un gruppo di quarterback. I due sfiorano ribellioni romantiche dark e si immergono negli spettacoli notturni del Sexy Horror Picture Show. Lui ha un trauma nel cuore, lei forse la capacità di forzarglielo. L\’autore di un romanzo epistolare cult, debutta nel cinema dirigendolo (scolasticamente) da sé: atmosfere scontate più alla David Bowie da sitcom che in stile Salinger/Fitzgerald, ma con protagonisti ignari di tutti e tre, spacciati per laddove l\’unico che gioca inadatto con scene madri classiche è il sedicente regista (il trauma, il Natale, il bacio sbagliato), e banalizzati da un immaginario ultrapiatto che si abbassa di qualche generazione alla ricerca di teenager/sardine che gli facciano da dolce pubblico stupefatto.

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Alessio Guzzano
Scusa il disturbo, noi ci siamo visti solo un paio di volte ma direi che \’ci conosciamo\’. Il voto 5 a C\’ERA UNA VOLTA IN AMERICA è dovuto a….. ? Ti rubo – spero – qualche minuto di risposta per non dover prendere 8 Tachipirine

Mario Sesti
Ciao Alessio, mi ricordo benissimo. Sei la terza persona che me lo chiede e su questo film ho già dovuto sostenere lunghe discussioni su Facebook. Secondo me è un film molto sopravvalutato, di un regista sopravvalutatissimo – quanti amano i suoi film hanno visto i western di Ford, Hawks e Boetticher? – che ha alcuni difetti che, nel cinema, riesco malamente a tollerare: solennità, confusione spacciata per ricchezza di senso, immagini gonfie che danno meno di quello che danno i nostri occhi – come dimostra l\’ultima immagine, uno dei più brutti freeze frame della storia del cinema. Il film inoltre contiene la peggiore interpretazione di un attore che amo tantissimo, De Niro, qui chiaramente in imbarazzo nei confronti del passo monumentale, delle ambizioni proustiane, della ricostruzione allo stesso tempo pittoresca e scolastica dell\’America dei gangster. Continuo a pensare che se i soldi del film li avessero dati a Peckinpah – che a quell\’epoca non riusciva quasi a girare più niente – avremmo avuto molto più cinema interessante e memorabile ed uno pseudocapolavoro in meno.

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TUTTI CONTRO TUTTI

Tornati dalla Prima Comunione del figlio, Rolando Rovello e Kasia Smutniak (con nonno, cognato e parenti assortiti al seguito: cast ben assemblato all\’insegna della romanità mutevole eppure immutabile) trovano la serratura cambiata e nuovi inquilini in casa loro (si fa per dire: affittano in nero da un losco usuraio). Incidenti che capitano nei grandi palazzi popolari ai piccoli proletari post-post pasoliniani, infatti il film è tratto fa una storia vera. Col vestito della festa addosso, i malcapitati occupano il proprio pianerottolo e la commedia all\’italiana tiene. Poi arriva il trans allo spioncino e il tono stona. L\’azzeccato \’omino Rovello\’ porta il testo anche in teatro, dove interpreta ogni personaggio, passando con uno sguardo dal caustico al caciarone.

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