Vacanze a Firenze, tra brutte facce da Natale in crociata medievale, al tempo di Lorenzo il Magnifico, Savonarola e – grazie al Cielo – non più di Monicelli. Panariello fa l\’oste svogliato, Michele Placido il politico assenteista, Massimo Ghini il fannullone con troppa prole, Paolo Hendel il medico col vizietto sodomita, Christian De Sica – incredibile a dirsi – il nobile cornuto e cornificatore. Gli antichi neri parenti di “Amici miei” sprecano ogni eco boccaccesca lanciando nani superdotati tra le suore come nei film per yankee brufolosi e si guardano bene dal pungere papati e potentati, al massimo tormentano il legnaiolo Ceccherini, l\’unico con la faccia e i tempi comici giusti. Qui non si tratta di voler fare gli integralisti della \’supercazzola prematurata\’, o i vedovi dell\’immortale gag del vedovo; qui il punto è che non si ride punto: ovvero mai, detto alla toscana. Un\’operuccia indegna come prequel, sciatta come commediola, volgare proprio perché incapace persino di inventarsela, una parolaccia. Noiosa senza ritegno, ma così boriosa da iniziare dichiarandosi un antidoto alla noia. Il (sigh) fiorentino Hendel ha osato dire:
AMICI MIEI – COME TUTTO EBBE INIZIO

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